Il concordato minore liquidatorio basato esclusivamente su finanza esterna rappresenta uno strumento sempre più utilizzato per affrontare situazioni di sovraindebitamento, ma la sua applicazione deve rispettare precisi requisiti normativi. Una recente decisione del Tribunale di Verona offre importanti chiarimenti sui criteri che devono essere soddisfatti per ottenere l’omologazione di questo tipo di accordo.

Il Caso e la Proposta Respinta

Nel caso esaminato, un debitore aveva presentato una proposta di concordato minore che prevedeva il finanziamento dell’intera operazione attraverso 6.000 euro messi a disposizione dalla sorella. La proposta divideva i creditori in cinque classi, offrendo percentuali di soddisfacimento che variavano dal 100% per i crediti prededucibili fino all’1,21% per i crediti chirografari.

Nonostante il raggiungimento delle maggioranze richieste (tre classi su quattro avevano votato favorevolmente), il Tribunale ha respinto la domanda di omologa per due motivi fondamentali.

Il Requisito dell’Incremento Apprezzabile dell’Attivo

Il primo ostacolo riguarda l’articolo 74, comma 2, del Codice della Crisi, che richiede un “incremento apprezzabile” dell’attivo disponibile. Il Tribunale ha stabilito importanti principi interpretativi:

  • L’incremento deve essere valutato caso per caso, considerando le caratteristiche specifiche del patrimonio del debitore

  • Come parametro di riferimento, pur non essendo direttamente applicabile, si può utilizzare la soglia del 10% prevista dall’articolo 84, comma 4 del Codice della Crisi

  • L’incremento può essere inferiore al 10%, ma non di molto, stabilendo una fascia indicativa tra il 5% e il 10%

Nel caso specifico, il Tribunale ha calcolato che l’attivo disponibile ammontava ad almeno 5.955 euro (considerando i redditi futuri acquisibili e il valore dei beni mobili), rendendo i 6.000 euro della finanza esterna insufficienti a garantire l’incremento richiesto.

La Questione delle Responsabilità Societarie

Il secondo motivo di rigetto riguarda un aspetto più tecnico ma altrettanto rilevante. Il debitore era socio di due società in nome collettivo non ancora cancellate dal registro delle imprese, e la proposta di concordato includeva obbligazioni sociali di cui rispondeva personalmente secondo l’articolo 2291 del Codice Civile.

Il Tribunale ha chiarito che non è possibile regolare autonomamente le obbligazioni sociali attraverso il concordato minore del singolo socio, in quanto ciò comporterebbe un sovvertimento del regime di responsabilità previsto dalla legge. Il Codice della Crisi consente questa possibilità solo quando sia la società stessa ad accedere allo strumento, con effetti estesi ai soci.

Implicazioni Pratiche per Debitori e Professionisti

Questa decisione fornisce indicazioni preziose per chi opera nel settore:

Per i debitori: è fondamentale valutare attentamente se la finanza esterna disponibile garantisca un incremento realmente apprezzabile rispetto all’attivo recuperabile attraverso la liquidazione ordinaria.

Per i professionisti: occorre prestare particolare attenzione alla corretta quantificazione dell’attivo disponibile, includendo anche i redditi futuri acquisibili, e verificare l’assenza di responsabilità societarie che potrebbero compromettere l’ammissibilità della procedura.

La Posizione della Giurisprudenza

Il Tribunale ha confermato l’orientamento favorevole all’ammissibilità del concordato minore liquidatorio basato esclusivamente su finanza esterna, citando precedenti giurisprudenziali concordi, ma ha sottolineato l’importanza del rispetto rigoroso dei requisiti normativi.

La decisione rappresenta un importante contributo all’interpretazione del Codice della Crisi, fornendo criteri operativi per la valutazione dell’incremento apprezzabile dell’attivo e chiarendo i limiti applicativi dello strumento in presenza di responsabilità societarie.


Tribunale di Verona, Sezione II Civile, decreto del 17 agosto 2025, n. 100-1/2023 R.G.P.U., Giudice Pier Paolo Lanni

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