Dopo il rinvio al 01 settembre del prossimo anno dell’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi, si è molto parlato della possibilità che almeno la parte del sovraindebitamento potesse trovare applicazione anticipata, andandosi a sostituire all’attuale legge 3/2012, norma che non ha mai funzionato come sperato e che avrebbe bisogno di una revisione organica. Vista la gravità del momento che stiamo vivendo e le nuvole fosche che si profilano all’orizzonte, da più parti si sono quindi moltiplicati gli appelli di studiosi e associazioni di categoria, perché il complesso delle norme volto a fornire una possibile risposta alle situazioni di grave indebitamento che affliggono consumatori, privati e piccole aziende, faccia sentire subito i suoi effetti.
A parte quale tentativo non andato a buon fine (un emendamento alla legge di conversione del decreto di agosto è stato respinto a causa del parere negativo della Ragioneria dello Stato) nulla però per il momento lascia intendere che l’attuale legge 3/2012 possa essere superata.

Siccome però da più parti mi si chiede in cosa consista la legge sul sovraindebitamento, (quella che che all’inizio venne chiamata “salva suicidi”), proverò a spiegarne, in modo semplice e a grandi linee,  l’utilità e l’importanza e anche perché ad oggi non sempre può essere possibile o conveniente accedervi. Non me ne vogliano i tecnici della materia che sicuramente troveranno troppo sbrigative queste brevi note. L’intenzione è soltanto quella di dare un’idea di massima e fornire qualche strumento di valutazione in modo anche da evitare di cadere nella mani di una delle miriadi di società o finte associazioni che, approfittando dello stato di bisogno e nascondendosi dietro la legge 3/2012, pubblicizzano sul web soluzioni miracolosi che in realtà sono principalmente la scusa per spillare soldi a chi è disperato e non vede altre soluzioni.

In linea di generale, la legge 3/2012 prevede all’art. 6  la possibilità per il debitore, che deve essere un soggetto non suscettibile di fallimento (consumatore, professionista, società cd “sotto soglia”, società agricola ecc.), di concludere un accordo con i creditori. Fino a qui niente di innovativo. Tutti i debitori prima o poi tentano di trovare un accordo con i creditori, spesso negoziando condizioni non realistiche o che non fanno altro che aggiunge debiti a debiti, aggravando soltanto la situazione. La portata innovativa di tale legge, che non fa altro che riprendere istituti che soprattutto nei paesi anglosassoni sono utilizzati da decenni, sta invece nel fatto che la proposta passa per la valutazione di un giudice il quale, in presenza di determinate condizioni,  può sostituirsi del tutto ai creditori come nel piano del consumatore, oppure può ugualmente rendere obbligatorio tale accordo quando ritiene che il dissenso del creditore sia immotivato, come avviene nell’accordo di composizione. Raggiunto il consenso sulla proposta, che può prevedere anche il pagamento ridotto e dilazionato dei propri debiti (compresa IVA, imposte, rate del muto, finanziamenti ecc.) e omologato dal giudice, questo diventa obbligatorio per tutti, con il risultato che durante il periodo concordato nessuna esecuzione potrà essere intentata dai creditori coinvolti, e una volta portata a termine la procedura e onorato l’accordo, questi non potranno più chiedere nulla, ottenendo la cd. “esdebitazione”.
Mentre nel piano del consumatore  e nell’accordo di composizione, l’effetto esdebitativo è automatico, nella liquidazione del patrimonio deve essere invece presentata una domanda al termine della procedura.

Riassumendo quindi, gli strumenti previsti dalla attuale legge 3 del 2012 sono tre: Il piano del consumatore, l’accordo di composizione e la liquidazione del patrimonio. Provo a spiegarli partendo da qualche caso pratico in cui molti si possono riconoscere. Alla fine alcune brevi considerazioni sui problemi che frenano l’applicazone della legge. Nel prossimo post farò un esempio di accordo di composizione.
(continua…)