Un imprenditore si trova coinvolto nel 2005 nel fallimento di due sue società di cui è socio illimitatamente responsabile. Chiuse le procedure, presenta domanda di esdebitazione per la cancellazione di tutti i debiti residui. Come è noto infatti, alla chiusura della procedura fallimentare (ma questo vale anche per le esecuzioni) i creditori non soddisfatti o soddisfatti solo parzialmente, potrebbero di nuovo agire per il soddisfacimento del loro credito. L’art.  142 legge fallimentare infatti prevede la possibilità per il fallito, di chiedere la liberazione dai debiti entro un anno dalla chiusura del fallimento, purché siano rispettate alcune condizioni, una delle quale è il soddisfacimento parziale dei creditori. Uno dei problemi che pone questa procedura, è proprio quello di stabilire quale sia la percentuale minima di pagamento per i creditori.

Nel caso di specie, la domanda presenta dall’imprenditore nel primo fallimento viene respinta dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello in quanto presentata oltre un anno dalla chiusura. La domanda nel secondo fallimento viene invece respinta in quanto, di fronte ad un debito complessivo di € 8.781.000 circa, di cui € 2.954.000 in privilegio ed in resto in chirografo, sarebbero stati corrisposti € 410.000 ai soli privilegiati e nulla ai chirografari con una percentuale di pagamento ai privilegiati del 13,89%, considerata troppo bassa dal Tribunale. La Cassazione dopo aver ricostruito i fatti, ha però ribaltato tale decisione affermando con chiarezza che “..la valutazione del presupposto (per il quale tale beneficio non può essere concesso “qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali”), pur rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, deve essere operata tuttavia secondo un’interpretazione coerente con il favor debitoris che ispira la norma: cosicché, ove ricorrano i presupposti di cui al primo comma dell’art. 142, il beneficio dell’esdebitazione deve essere concesso a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria” (cfr. già Cass. n. 7550-18).”

Ha quindi rimesso al Tribunale gli atti per la decisione coerente con tale principio.