Al momento della separazione, uno dei temi più controversi e di cui si discute nella stampa specializzata e non, è quello dell’assegno di mantenimento nei confronti dell’altro coniuge (in genere la moglie) sul quale spesso si combattono le battaglie giudiziarie più aspre. Ma l’assegno per i figli come si quantifica? L’art. 337 ter del codice civile, dopo aver premesso “che ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito detta in maniera chiara principi a cui fare riferimento dettando i seguenti criteri:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Anche se spesso sottovalutato, il criterio della proporzionalità della ripartizione dell’onere in base al reddito tra i genitori risulta fondamentale. Nel caso sottoposto alla Cassazione (Cass. 19299/2020) un padre  proponeva ricorso per la riduzione dell’assegno per i figli (maggiorenni ma non autosufficienti) già fissato in € 3.000, adducendo l’insorgenza di patologie che avrebbero compromesso la capacità lavorativa. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accolgono in parte la domanda di riduzione dell’assegno, che però rimaneva per il ricorrente superiore alle proprie disponibilità. Proponeva pertanto ricorso per Cassazione che veniva accolto proprio sul presupposto che i giudici di merito, nel quantificare l’assegno, non avevano in alcuna modo tenuto conto della capacità contributiva della madre, e pertanto non era stato possibile procedere alla valutazione comparata dei redditi.

Cass. 19299/2020