Uno degli effetti della separazione giudiziale, è lo scioglimento della comunione legali  presente sui beni acquisiti durante il matrimonio. Lo scioglimento della comunione e la relativa divisione dei beni mobili e soprattutto immobili, gode di una forte agevolazione fiscale in quanto, in base all’art. 19 della legge 74/1987 e grazie anche all’interpretazione che di questo articolo ha fatto la Corte Costituzionale, tutti gli atti di cessione dei beni decisi in occasione della separazione, sono esenti da imposta di registro, di bollo e da ogni altra tassa. Quindi, ad esempio, se nell’accordo di separazione si pattuisce che la casa coniugale o qualsiasi altro bene immobile, venga trasferita interamente ad un dei coniugi, tale atto risulterà completamente esente da qualsiasi tassa o imposta.
Molte volte però succede che i coniugi decidono di separarsi consensualmente, magari per poter anticipare gli effetti in vista di un futuro divorzio, lasciando fuori dall’accordo tutti gli aspetti economici che riguardino il patrimonio familiare, che vengono poi decisi autonomamente o tramite procedimento di divisione giudiziale.  Tali trasferimenti sono ugualmente esenti dal pagamento delle imposte? Fino a qualche anno fa, la Corte di Cassazione ha negato a questi atti i benefici fiscali ritenendo che questi trasferimenti non siano finalizzati allo scioglimento della comunione ma soltanto occasionalmente generati. Negli ultimi tempi però si è sempre più venuto rafforzando un orientamento che ha cercato di superare questa distinzione, unificando le varie fattispecie nella categoria dei “contratti della crisi coniugale”.
Seguendo questo orientamento la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza 9 febbraio 2021 n. 3074, ha stabilito che le agevolazioni fiscali si applicano anche alla divisione giudiziale al fine di “favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale, non sottoponendo a tassazione i trasferimenti patrimoniali tra i coniugi compiuti nel difficile momento della separazione e del divorzio, o in un momento ad essi successivo, né lo scioglimento della comunione che insieme ai trasferimenti non sono ragionevolmente indice di capacità contributiva”. 

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