Capita più frequentemente di quanto si immagini che quando si vada ad acquistare un immobile, questo non abbia la dichiarazione di abitabilità (adesso agibilità). A volte si tratta di situazioni risolvibili, più o meno agevolmente. Altre volte invece l’immobile presenta problemi, di tipo urbanistico o costruttivo, non aggirabili. In generale possiamo dire che, nella compravendita di un immobile destinato ad abitazione, la dichiarazione di abitabilità per la casa costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto e qualora l’acquirente la richieda e il venditore non la fornisca, il compratore può decidere di non stipulare il contratto definitivo e chiedere la restituzione di tutti gli acconti già versati oltre ai danni (Cass. 622/19 14 gennaio 2019).  Infatti senza l’abitabilità il bene venduto infatti non sarebbe soltanto viziato, ma sarebbe del tutto inutilizzabile. In questo caso si parla di vendita di aliud pro alio che non è soggetta ai termini stretti per la denuncia dei vizi della cosa ex art. 1495 cc ma a quelli lunghi dell’azione di risoluzione per inadempimento.

Nella recente pronuncia in oggetto (Cass 26335/2019) la Suprema Corte fa però una precisazione riguardo le motivazioni riguardanti la mancata consegna del certificato di abitabilità: infatti la mancata consegna del certificato può anche dipendere da circostanze che non escludano in modo significativo la oggettiva attitudine del bene a soddisfare le aspettative dell’acquirente.

Infatti, la risoluzione del contratto di compravendita si presenta solo quando il mancato rilascio della certificazione è dovuto in ragione di insanabili violazioni delle disposizioni urbanistiche in quanto si potrebbe presentare la tipologia di vendita aliud pro alio di cui si diceva sopra.

La Suprema Corte infatti afferma che “il mancato rilascio del certificato di abitabilità può non dare necessariamente luogo alla risoluzione del contratto, come quando il giudice ritenga di scarsa importanza l’inadempimento, essendo provato che l’immobile presenta tutte le caratteristiche necessarie per l’uso che gli è proprio e che la licenza possa essere agevolmente ottenuta”.

Nel caso di specie l’impossibilità di inserire una canna fumaria a tetto per il sistema di riscaldamento, poteva essere facilmente aggirata, come fatto in tutti gli altri appartamenti, con un sistema a parete.

Cass 26335/2019