Non è poi così infrequente imbattersi nelle strade delle grandi città, non solo italiane, in improvvisati banchetti dove è possibile scommettere sul gioco delle tre campanelle o delle tre carte. In genere la dinamica è risaputa. Prima si induce il passante a puntare magari facendolo vincere e poi, quando la posta si alza, si ripulisce ben bene. Verrebbe da pensare, vista la dinamica, che in questo caso ci si trovi di fronte ad una truffa, ma in realtà non è così. Lo ribadisce anche una recente sentenza (Cass. 48159/2019) secondo la quale “…il giuoco dei tre campanelli – e quelli similari delle tre tavolette o delle tre carte – di per sé non concretano il reato di truffa posto che la condotta di chi dirige il giuoco non realizza alcun artificio o raggiro, bensì “una realtà” ed una regolare continuità di movimenti, che, per essere l’effetto della estrema abilità di chi dirige il giuoco, inducono, da ultimo, il giocatore a confidare nel “caso”. Naturalmente, a diversa soluzione si deve giungere nel caso in cui all’abilità ed alla destrezza di chi esegue il giuoco si aggiunga una fraudolenta attività del medesimo”.  in pratica l’abilità di chi conduce il gioco non rappresenta un raggiro, e l’indurre nell’avventore la convinzione di una facile vincita fa parte del gioco stesso.

Cass. 48159/2019