Uno dei problemi della legge 3/2012 sul sovraindebitamento, è quello che non sono stabiliti limiti temporali alle procedure di risanamento in caso di rateizzazione prolungata nel tempo. In mancanza la giurisprudenza (in un primo tempo molto restrittiva) ha applicato i termini utilizzati per le procedure concorsuali ed in particolare quelli per il concordato, dando quindi come termine massimo un arco temporale di 5-7 anni, tirando anche in ballo la legge Pinto. Con la recente ordinanza n. 27544 del 28/10/2019 la Cassazione ha stabilito che in realtà non può essere posto un limite alla durate (nella fattispecie un piano del consumatore della durata di 12 anni) quando questo risulti in ogni caso vantaggioso per il creditore rispetto alla liquidazione pura e semplice del patrimonio. Scrive la Suprema Corte che “tale soluzione ha il merito di valorizzare il principio ispiratore delle procedure in esame, vale a dire il principio, di origine comunitaria, della cd. second chance, che trova oggi enunciazione positiva nel regolamento europeo sulle procedure di insolvenza (cfr. “considerando” 10 Reg. 848/2015 UE), e mira a garantire una seconda opportunità agli imprenditori o ai consumatori che si distinguono per
meritevolezza e non abbiano causato il proprio dissesto economico in mala fede o in modo fraudolento“. Il principio enunciato è di grande portata pratica perché permette di struttura piani di rientro in maniera più “ragionevole”. Non va però sottaciuto che nelle motivazione i Giudice sembrano subordinare la durata più lunga all’assenso del creditore, fatto questo che, preso alla lettera, sarebbe contrario alle norme di legge per quanto riguarda il piano del consumatore. Andrà quindi valutato come i giudici di merito vorranno applicare tale principio.