La pronuncia in questione in realtà è importante non tanto per il principio enunciato, che del resto è enunciato chiaramente nell’art. 3 c. 9 e 10 della L. 335/95, ma perché ribadisce ancora una volta che la notifica della cartella non comporta l’applicazione del termine decennale di prescrizione dell’art. 2946 cc, previsto per le sentenze, tesi che Equitalia (oggi Agenzia Riscossione) continua a ribadire nonostante l’evidenza.
Il principio è enunciato in maniera chiarissima: “….soccorre, infatti, il principio di diritto enunciato da questa Corte a Sezioni Unite (Sez. U. n. 23397 del 17/11/2016), secondo il quale: <La scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato.” Quindi quando si verifica se una cartella è prescritta, bisogna tener presente quale sia il termine di prescrizione del credito che in questa è riportata, che pertanto varia a secondo della natura.

Cass. 32077/2019